L'ASSORBIMENTO DEL FERRO

Il mantenimento dell'equilibrio corporeo del ferro dipende dalla capacità di fornire il ferro necessario per la crescita e per rimpiazzare quello eliminato con le perdite fisiologiche, quelle mestruali ed in corso di gravidanza. Poiché non esiste, nell'uomo, un sistema efficiente di eliminazione del ferro, né tantomeno la possibilità di esercitare un controllo su di esso, il mantenimento dell'equilibrio dipende strettamente dalla regolazione dell'assorbimento del ferro alimentare a livello intestinale. Esso diminuirà nel caso che il contenuto di ferro nell'organismo aumenti, e viceversa aumenterà nel caso opposto. L'assorbimento del ferro avviene in gran parte nel primo tratto del tubo digerente (duodeno e digiuno) e dipende da diversi fattori.

Il ruolo della dieta

I due aspetti fondamentali sono il contenuto di ferro nella dieta e la sua assorbibilità. Il ferro è contenuto negli alimenti in una quota strettamente correlata con l'apporto calorico: circa 6-7 mg di ferro per 1000 KiloCalorie, con piccole variazioni individuali. Solo una piccola porzione del ferro viene assorbita e questa quantità varia in modo significativo in funzione della composizione della dieta. Sebbene l'argomento sia piuttosto complesso e ben lungi dall'essere chiarito completamente, possiamo distinguere due forme principali di ferro negli alimenti: il ferro cosiddetto eme (organico) e quello non-eme (inorganico).

Il ferro eme (l'eme è un componente dell'emoglobina e di altre proteine, che contiene il ferro in una forma particolare) costituisce circa il 40% del ferro contenuto nei cibi carnei. Esso è altamente assorbibile (la quota assorbita varia dal 20 al 40%, nei soggetti normali) e non è influenzato dalla composizione generale della dieta. Tuttavia, il ferro eme costituisce, in genere, una piccola porzione del ferro alimentare, in particolare nelle popolazioni economicamente più povere.

La maggior parte del ferro alimentare, infatti, è costituito dal ferro non-eme. Esso costituisce il 60% circa del ferro contenuto nella carne ed il 100% del ferro contenuto nei cibi di origine vegetale, nel latte e nei suoi derivati. Il ferro sotto questa forma è poco assorbibile ed è influenzato dalla presenza, negli alimenti, di fattori favorenti o inibenti l'assorbimento. In modo più specifico, l'assorbimento del ferro contenuto nei cereali e nelle verdure è inferiore al 5%, ma può aumentare fino al 10-20% in presenza di cibi carnei o di acidi organici (per es. l'acido citrico contenuto nel limone, l'acido lattico nei crauti e l'acido ascorbico, o vitamina C, contenuto in diversi frutti). Dall'altra parte diverse sostanze contenute normalmente nei cibi non carnei possono inibire ulteriormente l'assorbimento del ferro non-eme (per es. i polifenoli e i tannini, contenuti in proporzioni variabili nelle verdure). La proporzione del ferro assorbito può ridursi fino al 30% con l'aumentare del contenuto di tali fattori inibenti negli alimenti.

La tabella sottostante riporta il contenuto di ferro dei principali alimenti. Come è possibile notare, tutti gli alimenti contengono ferro e quindi le proposte di diete a basso contenuto di ferro nei casi di sovraccarico di ferro sono illusorie e prive di fondamento. Può essere utile intervenire sulla dieta nei casi di carenza di ferro ove si evidenzino delle abitudini dietetiche scorrette (diete monotematiche a base di latticini, diete vegane senza integrazioni, diete carenti dal punto di vista calorico).

Contenuto di ferro negli alimenti (mg per 100 grammi di alimento)

Carne bovino, vitello
tacchino, cavallo
2-2,5
3
fegato di bovino
fegato di maiale
8
18
Pesce merluzzo, palombo,
sogliola, trota
0,8 aringa
gamberi
2,8
1,8
Uovo intero 2,5 tuorlo 6,1
Latte e derivati   0,1-0,3    
Cereali pane 0,8 pasta all'uovo 2,1
Legumi freschi 3 secchi 6-7
Verdure pomodori, patate
carciofi, spinaci
0,4-0,6
1-3
radicchio verde 8
Frutta   0,4-0,5 noci 2,6

Il ruolo dell'intestino

La sede principale di assorbimento del ferro dietetico è il primo tratto dell'intestino tenue denominato duodeno e digiuno. Prima di raggiungere il duodeno, il cibo staziona nello stomaco dove viene sottoposto all'azione digestiva dei succhi gastrici che contengono acido cloridrico, muco, elettroliti, acqua, proteine ed enzimi digestivi. L'acidità del succo gastrico è importante per un buon assorbimento del ferro in quanto l'ambiente acido modifica lo stato molecolare del ferro (da Fe3+ a Fe2+) in una forma più solubile e facilmente assorbibile.

Fondamentale è altresì l'integrità della mucosa del primo tratto dell'intestino. Infatti, in tutte le condizioni in cui vi sia una sofferenza della mucosa intestinale, quale per esempio la malattia celiaca (intolleranza al glutine), l'assorbimento di ferro è meno efficiente e frequentemente si sviluppa una carenza di ferro che può essere la prima manifestazione della malattia. Una volta giunto nel duodeno e nel digiuno, il ferro inorganico viene assorbito grazie all'azione di vari attori che agiscono a livello locale e generale (sistemico).

Meccanismi di regolazione locale

A livello locale agiscono diverse proteine principali. Una ferro-reduttasi (citocromo duodenale B – Dcytb-1) opera la trasformazione inversa del ferro non-eme da Fe2+ a Fe3+, essenziale per il legame del ferro alla proteina DMT1 posta sulla membrana delle cellule epiteliali che affaccia verso il canale intestinale e che trasferisce il ferro all'interno della cellula.

Il ferro eme viene assorbito come tale, vale a dire che è l'intera molecola dell'eme a passare dal lume intestinale all'interno della cellula intestinale attraverso il legame con uno specifico recettore (Haem Carrier 1 – HCP1) e altre vie ancora non definite. Una volta giunto all'interno della cellula il ferro eme e non-eme subisce una serie di passaggi.

Il ferro eme viene scisso dall'azione dell'eme-ossigenasi (HO-1 e -2) in ferro e biliverdina (questa poi verrà trasformata ed eliminata come bilirubina) oppure può essere rilasciato nel sangue attraverso un trasportatore di membrana (FVLCR) e qui legato all'emopessina che lo trasporterà nel fegato.

Il ferro non-eme può avere destini diversi:
a. utilizzato per il fabbisogno cellulare nei mitocondri;
b. depositato nella ferritina;
c. rilasciato nel sangue attraverso la proteina di membrana ferroportina (FPN1), ossidato dalla ferro-reduttasi efestina (Heph) per legarsi alla transferrina che provvederà al suo trasporto nelle sedi opportune.

La figura sottostante riassume i meccanismi descritti.

Meccanismi di regolazione generale

La quantità di ferro che viene effettivamente ceduta dalla cellula intestinale al sangue è regolata da meccanismi complessi. È noto da tempo che l'assorbimento del ferro è proporzionale all'attività del midollo eritroide ed inversamente proporzionale al contenuto di ferro nell'organismo.

In altri termini, se il midollo deve produrre più globuli rossi (per esempio per ricostituire la massa eritrocitaria dopo un'emorragia, una donazione o un salasso) o se i depositi di ferro sono scarsi o assenti a causa di perdite di sangue croniche (per esempio perdite emorroidarie, mestruali) o difetti di assorbimento (per esempio la celiachia), il sistema regolatorio cerca di equilibrare l'aumentato fabbisogno di ferro, aumentando le capacità di assorbimento e la quantità di ferro che entra nel sangue.

Viceversa, se il fabbisogno di ferro diminuisce (per esempio per un aumento del ferro di deposito dovuto a ripetute trasfusioni di sangue), il sistema blocca l'assorbimento.

È proprio la sregolazione di questo meccanismo che determina lo sviluppo del sovraccarico di ferro nell'emocromatosi. Al centro del sistema regolatorio che mantiene l'equilibrio (omeostasi) del ferro nell'organismo c'è l'epcidina, un piccolo peptide prodotto principalmente, ma non esclusivamente, dalla cellula epatica (vedi anche Approfondimenti sull'epcidina).

Epcidina si comporta come un vero e proprio ormone perché agisce a distanza del suo luogo di produzione. Infatti, l'azione di epcidina si esercita a livello delle cellule dell'epitelio duodenale e digiunale, i macrofagi della milza e del fegato e le stesse cellule epatiche. Il suo bersaglio è il suo recettore, la ferroportina che è anche l'unica proteina ad oggi nota che regola l'esporto di ferro da quelle cellule al sangue (vedi anche Il metabolismo del ferro).

Epcidina svolge un'azione inibitoria sulla ferroportina, per cui alti livelli di epcidina riducono il numero di molecole di ferroportina sulla membrana cellulare, riducendo il rilascio di ferro nel sangue e viceversa.

A livello epatico, la sintesi di epcidina è regolata da diversi fattori che agiscono stimolandola o inibendola. Per esempio, l'aumento dell'attività eritropoietica, l'anemia e uno stato di carenza di ferro riducono la sintesi di epcidina e di conseguenza la sua attività inibitoria sulla ferroportina. Il risultato netto è un aumento dell'assorbimento intestinale del ferro dietetico e del rilascio di ferro da parte dei macrofagi in modo da compensare l'aumentato fabbisogno di ferro da parte dell'organismo.

L'inverso accade nel caso di un aumento dei depositi di ferro o negli stati infiammatori, una condizione quest'ultima assai frequente e che richiede una spiegazione più dettagliata che verrà affrontata in un articolo specifico.

Nella comprensione delle funzioni di epcidina, sono state di grande aiuto le scoperte dei geni e delle proteine difettive che causano l'emocromatosi. Infatti, HFE, il recettore 2 della transferrina (TFR2), l'emojuvelina (HJV) sono tutte proteine che regolano l'epcidina attivandone la sintesi e quindi il loro funzionamento difettoso causa una produzione inadeguata o addirittura assente di epcidina e di conseguenza un assorbimento e rilascio di ferro nel sangue sregolato ed eccessivo (vedi L'emocromatosi).

Infine, un difetto a carico di ferroportina può determinare quella che viene definita resistenza all'azione di epcidina che non riesce più a svolgere la sua azione inibitoria. Da ciò, il progressivo accumulo del ferro nei tessuti che conduce nel tempo allo sviluppo dei danni d'organo.

prof. Alberto Piperno

[Articolo pubblicato il 10-12-1997 e aggiornato il 07-07-2023]