DUE PROGETTI DI RICERCA FINANZIATI DALL'ASSOCIAZIONE

Presentiamo i due progetti di ricerca realizzati grazie alle borse di studio elargite dall'Associazione.
Un ringraziamento a tutti coloro che, con il loro contributo, hanno reso possibile questa iniziativa.
 

DIAGNOSI E FOLLOW-UP DEL SOVRACCARICO DI FERRO GENETICAMENTE NON SPIEGATO

L'emocromatosi è una malattia eterogenea sia nell'espressione fenotipica che in quella genotipica. Si riconoscono almeno 5 forme ereditarie di emocromatosi genetica dovute a mutazioni di geni coinvolti nella regolazione del metabolismo del ferro. L'emocromatosi di tipo 1 è la forma più comune ed è causata da mutazioni del gene HFE. Le altre forme vengono definite emocromatosi non-HFE e sono secondarie a mutazioni più rare di altri geni quali l'epcidina, l'emojuvelina, il gene del recettore 2 della transferrina e la ferroportina. In alcuni casi fattori acquisiti quali un elevato introito alcolico, una cirrosi epatica avanzata, la coesistenza di disordini eritropoietici, epatiti virali croniche ed uno stato di insulino resistenza possono essere implicati come cofattori nella patogenesi del sovraccarico di ferro.

Nella nostra esperienza clinica giunge all'osservazione un numero crescente di pazienti che presentano alterazioni biochimiche ed istologiche indicative di un sovraccarico di ferro importante, come osservato nei casi di emocromatosi ereditaria, ma che, all'analisi genotipica, non mostrano nessuna delle mutazioni note del gene HFE o degli altri geni responsabili sopra menzionati.

In letteratura esistono poche informazioni sulle caratteristiche cliniche ed istologiche di questo tipo di pazienti e, in particolare, non è noto come queste forme di sovraccarico di ferro evolvano nel tempo.
Tali informazioni possono essere utili per giungere ad una migliore definizione delle cause e della modalità con cui si realizza il sovraccarico di ferro e risultare preziose nella pratica clinica per impostare un più corretto follow up di tale malattia.

Nel nostro progetto di ricerca è quindi in studio un'ampia casistica di pazienti che presentano un elevato sovraccarico di ferro intraepatico che non può essere spiegato dal punto di vista genetico. Tutti i pazienti sono seguiti c/o l'Ambulatorio del Metabolismo del Ferro.
Lo scopo dello studio è valutare:
- se, e con che modalità nel corso degli anni, dopo il raggiungimento della ferrodeplezione, il sovraccarico di ferro tende a riformarsi;
- come evolve la malattia epatica monitorata con gli esami del sangue e con l'ecografia periodica;
- come eventualmente si modificano le condizioni patologiche presenti alla diagnosi che concorrono allo sviluppo del sovraccarico di ferro.

Tutti i pazienti arruolati nello studio, al momento della diagnosi, sono sottoposti alla biopsia epatica per valutare l'entità e la distribuzione del sovraccarico di ferro, il grado di fibrosi, il grado di attività necroinfiammatoria e di steatosi; sono caratterizzati dal punto di vista metabolico mediante la visita medica (misurazione dell'indice di massa corporea, della circonferenza addominale, dei valori pressori), gli esami ematochimici (dosaggio della glicemia, insulinemia, del colesterolo, dei trigliceridi) ed, eventualmente, indagini strumentali (ecocardiogramma, Doppler TSA).

I pazienti vengono quindi sottoposti alla terapia ferrodepletiva mediante salassi, eritrocitoaferesi o chelanti.
Raggiunta la ferrodeplezione, in base alle caratteristiche individuali (età, condizioni cliniche generali) e alle caratteristiche del sovraccarico di ferro, per ciascun paziente viene impostato un regime di terapia di mantenimento o un periodo di osservazione senza eseguire alcuna terapia.
Il nostro studio prevede che, nel corso del follow up, i pazienti vengano strettamente monitorati con controlli clinici e strumentali periodici, in particolare controlleranno ogni 4/6 mesi gli indici dello stato del ferro, i test di funzionalità epatica e gli indici metabolici; ogni 6/12 mesi l'ecografia e/o la TC addominale e le eventuali condizioni cliniche associate (ecocardiogramma, profilo glicemico).

Dott.ssa Anna Vergani

 

POLIMORFISMI GENETICI E SOVRACCARICO DI FERRO GENETICAMENTE NON SPIEGATO

Nell'esperienza dell'attività ambulatoriale è frequente che giungano all'osservazione pazienti che presentano valori aumentati di ferritina (>350 nell'uomo, >100 nella donna in età fertile e >250 in età menopausale) associati o meno ad aumento della percentuale di saturazione della transferrina (>45%), che hanno a livello epatico un sovraccarico di ferro di entità variabile ma nei quali non si riconosce una causa in grado di spiegare il quadro clinico. Infatti, l'analisi del gene HFE dell'emocromatosi (tipo 1) o altre analisi genetiche più complesse per testare le altre forme di emocromatosi (tipo 2, 3 e 4) risultano spesso negative.

Gli stessi soggetti non hanno altre condizioni genetiche rare (aceruloplasminemia, ipotransferrinemia) o condizioni acquisite (epatiti virali croniche, abuso alcolico, porfiria cutanea tarda, malattie ematologiche, neoplasie o malattie infiammatorie croniche, storia di terapie marziali in vena o intramuscolo o emotrasfusioni) in grado di spiegare le alterazioni biochimiche o il sovraccarico di ferro istologico.
In molti di questi pazienti, che hanno un'età media di circa 50 anni, è frequente il riscontro di almeno una componente della sindrome metabolica, una condizione sempre più comune nel mondo occidentale. In realtà la sindrome metabolica si definisce quando sono presenti almeno tre alterazioni delle seguenti: sovrappeso o obesità viscerale (cioè localizzata a livello addominale), ipertensione arteriosa, iperglicemia a digiuno o diabete mellito, aumento di trigliceridi, riduzione del colesterolo HDL. Non è noto se l'associazione tra queste alterazioni metaboliche e il sovraccarico di ferro sia solo casuale o meno.

L'emocromatosi ereditaria, che fino a poco tempo fa era uno degli esempi di malattia monogenica (legata cioè al gene HFE), oggi è considerata una malattia eterogenea in cui si ipotizza che oltre all'alterazione genetica principale altri geni modulatori e fattori acquisiti possano interagire nel determinare l'espressione di malattia. A maggior ragione ciò potrebbe essere vero per i sovraccarichi di ferro non spiegati.

Nel contesto dei geni implicati nel metabolismo del ferro esistono varianti che non sono in grado di determinare da sole un sovraccarico marziale ma solo di facilitarlo. Tali varianti possono essere più o meno frequenti nella popolazione generale e quando superano l'1% vengono definite polimorfismi genetici. L'insieme dei polimorfismi genetici (alcuni noti e altri ancora da identificare) costituisce il background genetico del singolo individuo che potrebbe contribuire allo sviluppo del sovraccarico di ferro. In particolare abbiamo pensato di analizzare, in 109 pazienti con sovraccarico di ferro a genesi non chiara, alcuni polimorfismi: la mutazione C282Y solo se in eterozigoti e la mutazione H63D di HFE; le triplette ripetute da 7 a 9 volte del microsatellite del promotore della ferroportina, che è una zona del gene che controlla la produzione della proteina stessa.

Perché proprio i polimorfismi di HFE e ferroportina?
Li abbiamo scelti per il ruolo di questi geni nella regolazione del metabolismo del ferro. Infatti, HFE svolge la sua azione inibendo l'assorbimento del ferro a livello intestinale, probabilmente regolando l'epcidina, ormone chiave nel mantenere l'equilibrio.
La ferroportina è invece il recettore dell'epcidina e il legame tra le due proteine blocca l'uscita del ferro dalla cellula (analogamente al meccanismo della chiave (epcidina) che inserita nella sua serratura (ferroportina) causa la chiusura della porta e impedisce l'uscita verso l'esterno).

Qual è lo scopo dello studio?
Vorremmo innanzitutto capire se questi polimorfismi genetici hanno una frequenza diversa in questi pazienti rispetto a quanto accade in un gruppo di controllo di 161 soggetti sani e se si possa ipotizzare un'interazione tra i due diversi geni. Inoltre vorremmo valutare se tali polimorfismi si associano o meno ad alcune caratteristiche cliniche: elevata saturazione della transferrina, fibrosi epatica, sindrome metabolica, steatosi epatica.

Dott.ssa Paola Trombini

[Notizia pubblicata il 16-02-06]