LA TERAPIA FERROCHELANTE NEL TRATTAMENTO DEL SOVRACCARICO CRONICO DI FERRO

Sovraccarico secondario

Le emotrasfusioni sono un trattamento salvavita per molti pazienti affetti da anemie croniche incluse le beta-talassemie, le mielodisplasie e l'anemia falciforme. Ogni unità di sangue trasfuso contiene 200-250 mg di ferro e il corpo umano non ha meccanismi di eliminazione attiva dell'eccesso di ferro, quindi il sovraccarico di ferro è un'inevitabile conseguenza della terapia trasfusionale cronica. Con lo sviluppo del sovraccarico di ferro, la capacità della trasferrina (proteina di trasporto del ferro nel plasma) di legare altro ferro viene meno e si forma il ferro "libero" (non legato alla trasferrina), la cui presenza è associata alla comparsa di prodotti di ossidazione che esercitano un effetto tossico. Se l'accumulo di ferro nei tessuti supera le capacità di deposito della ferritina può causare gravi danni che si manifestano con lo sviluppo di insufficienza cardiaca, cirrosi epatica, diabete, ipogonadismo ed una minore aspettativa di vita.

I ferrochelanti sono dei farmaci che legano il ferro e ne permettono l'eliminazione. L'obiettivo primario della terapia ferro-chelante è quello di mantenere i livelli di ferro nell'organismo al di sotto della soglia di tossicità. Più di 40 anni di esperienza clinica hanno dimostrato che la terapia chelante, riducendo l'accumulo di ferro, riduce il rischio di comorbidità e aumenta la sopravvivenza dei pazienti politrasfusi con beta-talassemia. Un altro obiettivo della terapia chelante è quello di garantire una protezione il più possibile protratta dall'effetto tossico del ferro libero. La durata della terapia risulta essere più importante rispetto alla dose, indicando che è essenziale massimizzare la lunghezza dell'esposizione alla terapia chelante.

Agenti chelanti

Deferoxamina

La deferoxamina (Desferal®) è un chelante con una affinità per il ferro particolarmente alta e selettiva. Una molecola di deferoxamina lega un atomo di ferro formando un complesso stabile che può essere escreto attraverso la bile e le urine. La deferoxamina è un chelante molto efficiente; una terapia ottimale con questo farmaco può arrestare la progressione del sovraccarico di ferro e aumentare la sopravvivenza dei pazienti talassemici.

La deferoxamina è, però, una molecola di grosse dimensioni che ha purtroppo una ridotta biodisponibilità orale e una breve emivita (20-30 minuti), con livelli plasmatici che si riducono rapidamente dopo la somministrazione. Quindi, per una copertura di 24 ore il farmaco viene somministrato attraverso una lenta infusione parenterale (con pompa sottocutanea per circa 8-12 ore), 5-7 volte alla settimana (alla dose standard di 20-60 mg/Kg/die). Questo regime terapeutico e le complicazioni associate alla somministrazione di questo farmaco fanno sì che l'aderenza al trattamento rappresenti uno dei principali problemi per medici e pazienti.

I fallimenti terapeutici derivano quindi non tanto dalla mancata protezione da parte del farmaco quanto dall'impossibilità del paziente a raggiungere un'adeguata adesione al regime terapeutico. È stato infatti dimostrato che la probabilità di sopravvivenza fino a minimo 25 anni di età nei pazienti affetti da beta-talassemia major con una scarsa compliance alla terapia chelante è un 1/3 di quella dei pazienti con una buona aderenza alla terapia con deferoxamina.

La terapia con Desferal® necessita di controlli oculistici e otorinolaringoiatrici per eventuali effetti collaterali quali la cataratta e effetti tossici su retina e su sistema vestibolo cocleare. Nonostante questi evidenti limiti, l'efficacia della deferoxamina è tale da essere ancora considerata il gold standard nella terapia chelante del ferro.

Deferiprone

Il deferiprone (Ferriprox®), è un chelante somministrabile per bocca in tre somministrazioni giornaliere. È attualmente utilizzato in paesi al di fuori di USA e Canada come seconda scelta nel trattamento del sovraccarico di ferro nei pazienti adulti affetti da beta-talassemia major per i quali la terapia con deferoxamina è controindicata o inadeguata.

Il deferiprone ha un'emivita di 3-4 ore e, come la deferoxamina, è quindi incapace di garantire una copertura chelante di 24 ore. L'uso di deferiprone è limitato soprattutto dalla possibile comparsa di alcuni effetti collaterali come artropatia, neutropenia e raramente agranulocitosi. Il deferiprone è un chelante orale, la totalità del ferro chelato è escreto nelle urine. Ha un profilo di legame meno efficiente della deferoxamina: sono necessarie tre molecole di deferiprone per legare una molecola di ferro.

Studi recenti hanno suggerito che questa molecola possa essere più efficace della deferoxamina nel proteggere il cuore dall'accumulo di ferro. La minore efficacia del deferiprone nel controllo del sovraccarico di ferro corporeo ha condotto alla proposta di terapie combinate (deferoxamina + deferiprone). La capacità del deferiprone di agire come molecola di trasporto, trasferendo ferro alla deferoxamina e quindi, in via potenziale, aumentando l'escrezione totale di ferro, costituisce il razionale per l'uso in combinazione di queste due molecole.

Deferasirox

Deferasirox (Exjade®) è stato sviluppato in risposta al chiaro bisogno di un efficace e ben tollerato agente chelante orale. La lunga emivita (8-16 ore), la buona tollerabilità e biodisponibilità orale permettono una sola somministrazione orale al giorno. I livelli plasmatici di deferasirox rimangono nel range terapeutico per un periodo di 24 ore.

La concentrazione sierica di deferasirox è proporzionale alla dose somministrata, ha un'elevata e specifica affinità per il ferro. Le compresse possono essere completamente sciolte in acqua, succo d'arancia o di mela: questa modalità di utilizzo rende il farmaco facilmente utilizzabile nei pazienti pediatrici. Il farmaco va assunto a stomaco vuoto almeno trenta minuti prima dei pasti. Gli studi condotti in pazienti con beta-talassemia e sovraccarico trasfusionale di ferro hanno individuato la dose efficace tra 20-30 mg/Kg/die. L'equilibrio dello stato del ferro è ottenibile alla dose di 20 mg/Kg/die, mentre una significativa riduzione del carico marziale è stata osservata alla dose di 30 mg/Kg/die.

I dati ottenuti dall'incrocio di trial clinici di deferasirox hanno dimostrato che la risposta al farmaco non è solo dose dipendente, ma anche correlata alla stima del fabbisogno trasfusionale. Sulla base di questi studi sono state definite alcune regole generali sull'uso di deferasirox: 10 mg/Kg/die mantengono un equilibrio del ferro nei pazienti con bassa richiesta trasfusionale (meno di 2 unità di sangue al mese), 20 mg/Kg/die mantengono o riducono l'equilibrio marziale nei pazienti con bassa e intermedia richiesta trasfusionale (2-4 unità di sangue al mese), 30 mg/Kg/die diminuiscono il bilancio marziale in molti pazienti indipendentemente dalla richiesta trasfusionale. Il dosaggio previsto nelle mielodisplasie è di 20 mg/Kg/die con possibile titolazione personalizzata.

Il complesso deferasirox-ferro è relativamente inerte ed è escreto nelle feci. Il deferasirox è stato dimostrato essere ben tollerato negli adulti e nei bambini con differenti anemie croniche. I più frequenti eventi avversi nel trattamento cronico con deferasirox includono transitori disturbi gastro-intestinali (26% dei pazienti) e transitorio rash cutaneo (7% dei pazienti): questi eventi raramente richiedono la sospensione del farmaco e il più delle volte si risolvono spontaneamente. Nel 34% dei pazienti sono stati osservati moderati ma non progressivi aumenti della creatinina sierica (generalmente entro il limite superiore di normalità) che sono da ritenersi non clinicamente significativi e reversibili. Non ci sono casi di moderata e severa insufficienza renale e nessun paziente ha interrotto la terapia per l'incremento della creatinina. In un numero limitato di pazienti sono stati osservati modesti incrementi delle transaminasi. Deferasirox è generalmente ben tollerato nei bambini piccoli con un profilo di sicurezza simile a quello osservato nell'adulto; lo sviluppo fisico e sessuale procede normalmente durante il trattamento con deferasirox.

Indicazioni all'uso dei chelanti

Poiché le complicanze del sovraccarico di ferro sono state meglio studiate nella beta-talassemia, questa popolazione di pazienti è il principale obiettivo degli studi clinici con i farmaci ferrochelanti. Tuttavia, anche pazienti regolarmente trasfusi, con differenti anemie croniche, incluse la sindrome mielodisplastica, l'anemia falciforme e l'anemia di Diamond- Blackfan, hanno l'indicazione ad un trattamento cronico del sovraccarico di ferro mediante l'utilizzo dei chelanti. In questi pazienti si sono ottenuti risultati simili ai talassemici.

Il NCCN (National Comprehensive Cancer Network) ha recentemente pubblicato linee guida per la pratica clinica delle mielodisplasie, riconoscendo l'importanza di una chelazione costante e introducendola nelle raccomandazioni cliniche. A tutt'oggi, il ruolo della ferrochelazione nei pazienti con mielodisplasia è prevalentemente speculativo per la mancanza di dati sufficientemente estesi. Tuttavia, esiste la dimostrazione che lo sviluppo del sovraccarico di ferro incida in modo significativamente negativo sull'aspettativa di vita in questi pazienti, e l'evidenza di efficacia clinica della terapia sta emergendo per quei pazienti per i quali è possibile prevedere una sopravvivenza sufficientemente lunga da condurre ad un importante accumulo di ferro trasfusionale.

L'inizio della terapia chelante è consigliata per concentrazioni di ferritina sierica superiori a 1000 mcg/L o dopo 20 trasfusioni.

Criteri generali

La deferoxamina rimane allo stato attuale il farmaco da proporre in prima istanza sulla base della lunga esperienza accumulata con questo farmaco, della comprovata efficacia e della ridotta tossicità a dosi standard. Il deferiprone ha mostrato rispetto alla deferoxamina una maggiore capacità cardioprotettiva, ma una minore azione sul fegato e può avere, come grave seppur raro (<3%) effetto indesiderato (dose-indipendente), la riduzione dei globuli bianchi (neutropenia / agranulocitosi). Nella sindrome mielodisplastica il deferiprone non viene utilizzato per i possibili eventi avversi a carico del midollo emopoietico. La terapia combinata deferoxamina - deferiprone è uno strumento molto potente su entrambi gli organi (fegato e cuore) e rappresenta una forma di chelazione intensiva.

Il nuovo chelante orale deferasirox sembra dotato di analoga efficacia della deferoxamina, con il vantaggio di una modalità di somministrazione che garantisce un significativo miglioramento della qualità di vita dei pazienti. Data la recente introduzione del farmaco tra i chelanti a disposizione, e malgrado l'elevato numero di soggetti trattati, sono necessari ulteriori studi per definirne l'efficacia e la sicurezza a lungo termine. Non è ancora permessa la terapia combinata del deferasirox con altri chelanti.

La disponibilità di 3 farmaci chelanti ha portato alla possibilità di costruire la terapia del paziente modulandola sulle sue specifiche caratteristiche. Sono possibili variazioni nel tempo della terapia con passaggio da uno schema ad un altro a seconda di come evolve il quadro clinico.

Indicatori di efficacia terapeutica

Per definire l'entità del sovraccarico iniziale e il buon andamento/efficacia di una terapia ferrochelante è necessario disporre di metodologie affidabili, ripetibili, e possibilmente non invasive, che permettano di valutare la riduzione dell'accumulo di ferro a livello sistemico e dei singoli tessuti bersaglio. Le metodiche attualmente disponibili sono:
• indicatori dello stato del ferro: ferritina sierica, sideremia, transferrina;
• esami strumentali non invasivi che si fondano sulla capacità del ferro accumulato di aumentare la suscettibilità magnetica del tessuto esplorato: biosuscettometria magnetica epatica (SQUID), RMN cardiaca ed epatica, MID (apparecchiatura ora disponibile solo a Genova);
• esami invasivi: biopsia epatica che permette di valutare la concentrazione epatica di ferro (LIC) e definire il danno epatico (fibrosi) correlato al sovraccarico di ferro ma anche secondario a possibili infezioni epatiche concomitanti.

La biopsia epatica non viene sempre eseguita, è riservata solo a casi selezionati dove si suppone l'esistenza di un danno epatico. La biopsia non è un esame usato per il follow-up del paziente. Il monitoraggio del sovraccarico e dell'efficacia terapeutica è infatti eseguito mediante l'uso degli indici bioumorali dello stato del ferro e delle tecniche di imaging (RM cardiaca ed epatica, SQUID).

Sovraccarico geneticamente determinato

L'emocromatosi è una patologia eterogenea dal punto di vista fenotipico e genetico comprendendo 5 diversi tipi di forme geneticamente distinte: emocromatosi HFE, emocromatosi giovanile (da deficit di HJV e HAMP), emocromatosi da deficit di TfR2, ferroportin disease. Esistono inoltre altre forme rare di sovraccarico di ferro geneticamente determinate con aspetti fenotipici peculiari: aceruloplasminemia e ipotransferrinemia congenita, anemia microcitica ereditaria.

Sebbene il trattamento di scelta nelle diverse forme di emocromatosi sia costituito dalla salassoterapia, esistono condizioni in cui i salassi periodici non sono praticabili per controindicazioni assolute (pazienti affetti da insufficienza cardio-respiratoria severa o associata anemia), fattibilità (assenza di vene accessibili per i ripetuti salassi) o per intolleranza (paura dell'ago, reazioni vaso-vagali). Nei pochi casi in cui la salassoterapia non sia applicabile con l'adeguata regolarità, è possibile ricorrere a delle alternative qui elencate:
• eritrocitoaferesi con o senza somministrazione di eritropoietina;
• terapia ferrochelante.

La deferoxamina è allo stato attuale il farmaco da proporre in prima istanza. Nonostante l'uso di altri ferrochelanti come deferiprone e deferasirox nell'emocromatosi non rientri nelle indicazioni per cui tali farmaci sono stati approvati, essi possono essere utilizzati sotto il controllo di centri specialistici di riferimento per tali patologie.

È attualmente in corso presso il nostro Centro uno studio multicentrico di fase I-II, il cui arruolamento si è chiuso al 31 marzo 2008. Lo scopo è valutare la sicurezza e l'efficacia di deferasirox nel rimuovere il sovraccarico di ferro nei pazienti affetti da emocromatosi ereditaria.

Nei casi di aceruloplasminemia l'utilizzo del chelante è l'unica opzione terapeutica. Data la peculiarità della patologia e dei distretti in cui il ferro è localizzato (l'unica patologia con sovraccarico anche cerebrale) la terapia chelante è stata proposta allo scopo di stabilizzare ed evitare l'ulteriore incremento dei depositi cerebrali. Infatti ad oggi i farmaci a disposizione non hanno dimostrato la capacità di rimuovere il sovraccarico nel distretto cerebrale. Poiché la patologia è estremamente rara, non esistono studi su larga scala sul dosaggio efficace e sulla sicurezza della terapia chelante, che necessita di essere condotta e monitorata in centri specialistici.

Prof. Alberto Piperno
Dr.ssa Raffaella Mariani
Valentina Paolini
Matteo Pozzi

[Articolo pubblicato il 26-04-08]