NUOVE PROSPETTIVE TERAPEUTICHE NELL'EMOCROMATOSI

L'emocromatosi come ormai noto a tutti è una malattia ereditaria che determina un progressivo accumulo di ferro che può indurre gravi danni a carico di organi e tessuti. Una diagnosi e una terapia precoci modificano in modo drastico la prognosi dei pazienti con emocromatosi e conferiscono una aspettativa di vita normale. La terapia più comune consiste nei salassi settimanali fino alla rimozione completa del ferro in eccesso e quindi in un regime di salassi di mantenimento la cui frequenza varia da un salasso ogni uno-sei mesi a seconda dei casi. Esistono situazioni in cui, tuttavia, la salassoterapia non è praticabile con regolarità e continuità, le due condizioni primarie che ne determinano l'efficacia. Ciò accade quando all'emocromatosi si associano:
1. patologie cardiache o epatiche severe, anemie o altre malattie disabilitanti.
2. quando esistano problematiche legate alla difficoltà di identificare accessi venosi periferici adeguati, ad un'ipersensibilità del paziente alla puntura, con conseguente stato di ansia e possibilità di svenimento o malessere legati alla procedura.

In queste condizioni esistono delle alternative già applicabili, quali l'eritrocitoaferesi (reinfusione del plasma) proponibile nei casi con cardiopatia o epatopatia severe, le infusioni sottocutanee con desferrioxamina (Desferal®), proponibili nelle medesime situazioni e nei casi con associata anemia. L'eritrocitoaferesi è sicuramente efficace, ma richiede una strumentazione specifica, personale addestrato ed è molto più costosa. La terapia sottocutanea con desferrioxamina è un po' meno efficace della salassoterapia, ma è più impegnativa per i pazienti perché richiede due somministrazioni sottocutanee al giorno oppure infusioni protratte per 8-10 ore al giorno, per 5-7 giorni alla settimana.

La possibilità di ricorrere ad una terapia chelante per via orale sarebbe una buona alternativa, ma fino ad oggi l'unico chelante orale disponibile era il deferiprone (Ferriprox®), approvato per l'uso nei sovraccarichi trasfusionali in associazione con la desferrioxamina soprattutto in considerazione della sua elevata efficacia nel ridurre il danno cardiaco ferro-dipendente. Questo farmaco peraltro non è approvato per l'uso nell'emocromatosi.

La possibilità di ricorrere ad un nuovo chelante orale di uso semplice nei pazienti con emocromatosi è oggi una realtà possibile anche se ancora limitata all'interno di studi controllati in centri specialistici. Si tratta di studi cosiddetti di fase I-II per definire i dosaggi più efficaci per il trattamento del sovraccarico di ferro nell'emocromatosi.

Lo studio è ancora aperto e chi fosse interessato ad avere informazioni più precise su questa terapia può rivolgersi al Centro per la diagnosi e terapia dell'emocromatosi di Monza (tel. 039 2339555 oppure il mercoledì pomeriggio al 039 2332300).

[Notizia pubblicata il 30-09-07]