Richiesta 513 del 12/04/2009

Maschio, 42 anni, 84 kg, 173 cm

Domanda

Ho la ferritina che è arrivata a 1300. Mi è stata diagnosticata l'emocromatosi ereditaria con mutazione eterozigote H63D. Nel mio caso sarebbe preferibile la terapia dei salassi o dei chelanti?
Mi è stata prescritta una dieta assolutamente priva di ferro e anche molto povera in frumento. E' veramente necessaria una dieta rigida a tal punto?

Risposta

L'emocromatosi ereditaria con mutazione eterozigote H63D non esiste.
L'eterozigosi H63D è uno status genetico molto comune (25% degli italiani) e privo di significato clinico sostanziale.
La prima cosa da sapere è se il dosaggio di sideremia e transferrina è stato eseguito e se la percentuale di saturazione della transferrina è normale o no. Se è normale siamo nell'ambito delle iperferritinemie isolate, che costituiscono un discorso a parte. Se invece fosse elevata e confermata elevata ad un secondo test, sarebbe l'indicazione per eseguire ulteriori accertamenti nell'ipotesi di una forma di emocromatosi atipica (non dovuta a mutazioni del gene HFE).
Un secondo punto è se il valore di ferritina mostra un andamento in progressivo aumento o piuttosto delle oscillazioni, se esistono alterazioni di altri esami (emocromo, bilirubina, transaminasi, gammaGT, colesterolo frazionato, trigliceridi, glicemia) o se esiste una storia di cataratta precoce in famiglia.
Il riscontro di un'iperferritinemia di entità significativa come la sua può dipendere da tante cose e non necessariamente dall'emocromatosi.
Considerando il suo sovrappeso è anche possibile che l'iperferritinemia sia correlata ad un accumulo di grasso nel fegato e forse ad una sofferenza epatica ad esso correlata (steatoepatite alcoolica o non alcoolica). Di per sé, questa problematica va verificata con una serie di esami (vedi sopra) tra cui anche quelli per verificare l'esistenza di uno stato di insulino resistenza (glicemia e insulinemia basale, in prima istanza, oppure la curva da carico di glucosio con dosaggio seriato dell'insulinemia basale, 30, 60, 90 e 120 minuti) ed un'ecografia addome. Inoltre va fatto un esame di coscienza rispetto alle abitudini alimentari (introito alcolico, grassi animali, pane, pasta, dolci...).
In relazione al risultato di questi esami si deve decidere come procedere. Il valore di ferritina è piuttosto elevato e se si suppone una patologia da accumulo di ferro, sarebbe opportuno escludere l'esistenza di un danno ferro correlato. Tanto più se dovessero coesistere delle alterazioni negli indici di funzione epatica.
Per intenderci, alla fine dell'iter diagnostico, potrebbe esserci la necessità (da valutare con attenzione, ma senza pregiudizi e paure) di eseguire la biopsia epatica, che avrebbe il vantaggio di definire l'esistenza del danno e la sua gravità (fibrosi lieve, moderata o severa), di verificare l'esistenza della steatosi e di un possibile stato infiammatorio associato e di confermare la reale entità del sovraccarico di ferro e la sua distribuzione. Queste informazioni faciliterebbero la definizione diagnostica del problema e di conseguenza anche le scelte terapeutiche, tra cui anche le eventuali indicazioni dietetiche e quelle relative alla terapie per rimuovere il ferro in eccesso.
Non sto parlando di una dieta priva di ferro, che è impossibile (a meno che non si metta il paziente a digiuno) e sostanzialmente inutile nel caso ci si trovi di fronte ad una vera patologia da accumulo di ferro, ma di indicazioni per ridurre il peso e migliorare l'assetto metabolico, una volta dimostrata l'esistenza di alterazioni in tal senso.
Esiste anche la possibilità di verificare il reale accumulo di ferro nel fegato mediante tecniche non invasive come la risonanza magnetica quantitativa, che però richiede una messa a punto della metodica e che non so se sia disponibile nelle vicinanze della sua zona di residenza. Questa analisi potrebbe aiutare nel definire il rischio di danno ferro correlato e ulteriormente confermare l'opportunità di una valutazione istologica (biopsia) del fegato.


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